Fake news: attualità di una pratica antica

Si chiamano fake news, che in inglese significa “notizie false”: informazioni inventate che vengono diffuse sul web e, in alcuni casi, riprese da altri media. Possono sembrare uno scherzo o un gioco, ma non è così. Le fake news sono in grado di influenzare, positivamente o negativamente, l’opinione dei lettori. Spesso dietro queste informazioni fuorvianti c’è la volontà di calunniare o delegittimare una persona o un’istituzione. Ma come rispondono i giganti del web a questo problema?

Storie di reggenti: Pausania il trionfatore di Plate, di Massimo Nafissi su L'Antichità di Federico Motta Editore

Storie di reggenti: Pausania il trionfatore di Plate, di Massimo Nafissi su L’Antichità di Federico Motta Editore

Facebook, Twitter e Google

Facebook ha annunciato in ottobre che sta lavorando a una piattaforma di fact checking per individuare e limitare la diffusione di fake news. Intanto, negli Stati Uniti è allo studio l’Honest Ads Act che dovrebbe costringere Facebook, Twitter e Google a rispettare norme analoghe a quelle che riguardano altri media. D’altra parte, la pratica di diffondere notizie false e tendenziose non è certo cosa recente, e anche l’antichità ha avuto le sue fake news.

Una storia delle fake news

Forse la fake news più antica è quella che costò la vita al generale spartano Pausania. Secondo quanto racconta Erodoto, gli veniva attribuita una lettera in cui si offriva al re Serse di tradire la patria. In cambio, Pausania avrebbe sposato la figlia del re persiano. Quando la cosa si seppe, il generale rischiò il linciaggio; si rifugiò in un tempio dove, non potendolo toccare a causa della sacralità del luogo, gli spartani decisero di murarlo vivo. La vicenda di Pausania è raccontata anche da Massimo Nafissi su L’Antichità di Federico Motta Editore. La fake news forse più famosa della storia antica è però la Donazione di Costantino, che fu ritenuta autentica per secoli.

Lorenzo Valla e la Donazione di Costantino

La Donazione di Costantino è un documento che viene attribuito all’imperatore Costantino, con il quale si giustificava il potere temporale della Chiesa di Roma. Attestava inoltre la donazione del Palazzo del Laterano al papa Silvestro. Solo nel Quattrocento l’umanista Valla dimostrò che era un falso con il suo De falso credita et ementita Constantini donatione. Come spiega Agnese Gualdrini nel saggio La polemica antistoica e il recupero di Boezio e di Epicuro: la filosofia e la filologia in Lorenzo Valla sul Medioevo di Federico Motta Editore, per Valla la filologia ha dignità di scienza storica, in grado di distinguere verità e falsità. Una capacità critica necessaria anche in tempi moderni.

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