La COP30 di Belém
Venerdì, 21 novembre si è conclusa la COP30, l’annuale conferenza sul clima che riunisce i rappresentanti quasi tutti i paesi del mondo, per discutere le politiche da adottare per affrontare il riscaldamento globale. Negli Annuari della Federico Motta Editore è possibile seguirne l’evoluzione negli anni, ma quali sono le conclusioni di questa edizione?
La conferenza si è tenuta per la prima volta in Brasile, a Belém, città considerata simbolicamente la porta di accesso all’Amazzonia, la grande foresta pluviale che negli ultimi anni ha subìto una massiccia deforestazione. Il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, ne ha assunto la presidenza con la promessa di rallentare in modo più incisivo la deforestazione in Amazzonia, riducendo al tempo stesso le emissioni di gas serra brasiliane.
Che cos’è la COP
La COP (acronimo di Conference of Parts, ovvero Conferenza delle parti) raccoglie i rappresentanti di quasi 200 paesi che hanno firmato l’accordo sul clima delle Nazioni Unite del 1992. È giunta alla trentesima edizione ed è una importante occasione per discutere e adottare le politiche condivise sul cambiamento climatico, a partire dai dati e dalle informazioni che il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) sintetizza nei propri rapporti in merito agli effetti del riscaldamento globale e su quelli previsti.
Le decisioni che vengono prese alle COP non sono vincolanti per i paesi partecipanti, ma costituiscono una base comune per avviare politiche condivise soprattutto per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, il gas serra più diffuso e di cui ogni giorno vengono prodotte quantità enormi, soprattutto a causa delle attività umane che prevedono l’impiego dei combustibili fossili.
Aspettative e obiettivi concreti
La COP30 in sostanza si è conclusa senza grossi impegni in tal senso, sebbene l’eliminazione graduale dei combustibili fossili fosse uno dei principali obiettivi. Sebbene almeno 83 paesi partecipanti – soprattutto europei, africani e dell’America latina – sostenessero che il testo finale dovesse prevedere un piano concreto al quale attenersi concretamente per raggiungere l’obiettivo nei prossimi anni, l’opposizione (in particolare dai paesi produttori di petrolio, come gli Emirati Arabi Uniti), ha fatto in modo che la decisione sia stata ulteriormente rinviata.
Nell’accordo non è previsto neanche un piano concreto per contenere la deforestazione in atto.
In sostanza, il testo finale non è altro che la conferma degli obiettivi fissati con l’accordo di Parigi nel 2015: contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, e non superare i 2. Obiettivo che, secondo la maggior parte degli scienziati, è lontano dall’essere raggiunto.
Uno dei successi della Conferenza, invece, è stato l’aumento dei finanziamenti a disposizione dei paesi più soggetti agli effetti del cambiamento climatico per intraprendere iniziative di adattamento alla crisi.


