Il dibattito sulla plastica e il futuro sostenibile

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In queste settimane si è acceso un dibattito attorno alla tassa sulla plastica, un provvedimento che intende limitare l’uso di questo materiale. L’attenzione è così ritornata, ancora una volta, sui temi dell’inquinamento, della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. La coscienza ambientale e la consapevolezza che le nostre attività produttive hanno conseguenza sull’ambiente sono però una conquista recente, di cui parla anche Stefania Barca nel suo saggio Ambiente e ambientalismo sull’Età moderna di Federico Motta Editore.

Il dibattito sulla plastica

Ormai da anni la plastica è al centro di dibattiti sull’ambiente. Perché? Questo materiale, prodotto a partire da monomeri ricavati dal petrolio, fu inventata negli anni Sessanta dell’Ottocento, ma si diffuse solo a partire dal Novecento. Oggi è un materiale centrale negli imballaggi destinati alla grande distribuzione. Leggera, resistente e malleabile, la plastica permette di trasportare sostanze deperibili evitando che si deteriorino. Tuttavia ha anche degli svantaggi per l’ambiente. Per esempio ha tempi di degradazione molto lunghi: una bottiglietta può infatti impiegare oltre un secolo per decomporsi. E secondo i dati diffusi dal WWF, ogni anno finiscono nel Mediterraneo circa 750 mila tonnellate di plastica. D’altra parte è importante ricordare che la plastica è riciclabile, e che l’inquinamento è dovuto anzitutto all’incuria dell’uomo.

Il Novecento, il secolo dell’ambientalismo

Verso la fine del Novecento è cresciuta la sensibilità verso i temi dell’ambiente: il dibattito per la tassa sulla plastica ne è un esempio. Come ricorda Stefania Barca nel suo saggio Ambiente e ambientalismo sull’Età moderna di Federico Motta Editore, il XX secolo sarà ricordato sia per i cambiamenti ambientali sia per la nascita di una riflessione su questi temi. L’ambientalismo nasce con la Rivoluzione industriale alla fine dell’Ottocento, ma si sviluppa a partire dalle scoperte scientifiche novecentesche in ecologia. Se all’inizio il movimento vedeva nella natura un bene da preservare per motivi storico-estetici, in seguito si fece largo l’idea della eco-efficienza, cioè lo sfruttamento delle risorse nel modo più efficiente possibile. A questo si è legato un terzo filone, quello della giustizia ambientale, cioè della distribuzione delle conseguenze dell’inquinamento sulla società.