Quando il diritto era regolato dalla magia

Federico Motta Editore, il tribunale, il diritto: veduta del foro romano

Diritto e magia: due termini che nel terzo millennio non hanno assolutamente niente in comune. Eppure alle origini, nell’antichità, il diritto era fortemente collegato a pratiche magiche. Come ricordato anche nel saggio di Laura Pepe intitolato Diritto e magia nell’opera L’antichità di Federico Motta Editore, il tribunale dell’antica Roma poteva condannare una persona colpevole di avere compiuto malefici. Questo perché in tempi più antichi, la vita e i rapporti tra le persone erano regolate da concezioni di tipo magico.

Il saggio di Laura Pepe su Historia, di Federico Motta Editore, il diritto e la magia

Il saggio di Laura Pepe su Historia. L’Antichità di Federico Motta Editore

Il potere della magia nella vita sociale

In una prima fase della storia antica, prima che nascessero lo Stato e il diritto, le relazioni tra i membri della comunità erano regolate dalla magia. Era infatti diffusa la convinzione che oggetti, parole e gesti particolari fossero dotati di una forza, grazie alla quale si potevano ottenere determinati effetti. Questa concezione si riscontra presso tutti i popoli del Mediterraneo antico, dalla Grecia al Latium Vetus.

Magia e diritto nelle XII Tavole

Quando il diritto romano nasce, mantiene uno stretto legame con la magia. Dalle XII Tavole si evince l’idea che i provvedimenti abbiano effetto sulle persone solo se queste pronunciano certe parole o compiono determinati gesti. Per esempio, chi doveva rilasciare un testimonianza doveva prima recitare una obvagulatio, un canto magico che lo avrebbe costretto a dire la verità. Un altro rito dal valore giuridico è la manumissio vindicta: per liberare uno schiavo il padrone doveva toccarlo con una bacchetta, un gesto che aveva un vero e proprio potere magico.

Federico Motta Editore, il tribunale, il diritto: veduta del foro romano

Veduta del foro romano

Contro la magia malvagia

La magia non è però esclusivamente buona. Come ricordato nel saggio di Laura Pepe nell’opera l’Antichità di Federico Motta Editore, il tribunale poteva condannare chi compiva malefici, con pene che potevano arrivare alla morte. Le XII Tavole punivano infatti chi compiva incantesimi contro i raccolti altrui e chi veniva riconosciuto colpevole di gettare il malocchio. Sembra che venissero distinti incantesimo contro le persone e incantesimi contro la proprietà. Con malum carmen incantare si intendeva probabilmente un maleficio contro la persona fisica, allo scopo di causarne il male e forse la morte. L’occentatio era invece un incantesimo in grado di aprire le porte per violare un domicilio. In entrambi i casi era prevista la pena capitale.

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